Intervista a Marco Eugenio Di Giandomenico. Marco Eugenio Di Giandomenico, noto critico cinematografico e della sostenibilità dell’arte, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, tra l’altro alla direzione del prestigioso Master VIDEO ART & FILMMAKING dell’ARD&NT Institute (Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano), è ospite d’onore il 27 e 28 giugno 2017 a Ortigia e membro della giuria tecnica del premio TONINO ACCOLLA 2017. Cosa intende per “sostenibilità” del cinema? «Nelle varie discipline artistiche, tra le tematiche più attuali e affascinanti di confronto a livello internazionale tra intellettuali e accademici c’è quella della sostenibilità dell’arte e in particolare del cinema. Il termine sostenibilità nasce, come categoria etica a sé stante, nella seconda metà del secolo scorso riferito per lo più al settore eco-ambientale: qualunque comportamento economico è sostenibile se non depaupera le risorse naturali del pianeta (acqua, aria, etc.) inficiandone le possibilità di godimento da parte delle generazioni future. Esempi lampanti di modi di agire “insostenibili” sono quelli di chi inquina ovvero di chi non attua una politica di produzione volta al soddisfacimento delle aspettative degli stakeholder di riferimento. Negli ultimi decenni si parla molto di sostenibilità dell’arte e quindi del cinema, con una declinazione triplice dell’originario concetto. C’è sì tutta la problematica della tutela e della conservazione del bene culturale, qualunque esso sia (tra cui certamente il “film”), ma c’è anche l’interessantissimo aspetto del contenuto valoriale del prodotto artistico e di come lo stesso possa, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, realizzare un bridging – ponte – tra le arti». In che modo il PREMIO TONINO ACCOLLA costituisce un tributo al cinema “Sostenibile? «Il PREMIO TONINO ACCOLLA, alla sua quarta edizione nel 2017, è senza dubbio tra le più pregnanti manifestazioni internazionali in tema di cinema “sostenibile”: un “bravo” al direttore del premio Giuseppe Mandalari e a tutto il suo staff! Nel mondo si organizzano ogni anno centinaia di premi cinematografici, più o meno famosi, ma pochi riescono a trasmettere un messaggio valoriale vero. Tra questi c’è senz’altro il Premio TONINO ACCOLLA che promuove la figura e l’operato artistico del grande doppiatore siracusano Tonino Accolla scomparso prematuramente nel 2013, valorizzando così l’arte del doppiaggio soprattutto tra le nuove generazioni, il cinema italiano e internazionale e gli stessi territori del siracusano, densi di storia e cultura millenari. Tra l’altro quest’anno, grazie anche all’apporto di Adriano Pintaldi, c’è l’interessante retrospettiva su Alberto Sordi come doppiatore, un aspetto della sua attività cinematografica poco conosciuto dai non addetti ai lavori ». Lei pensa che con la globalizzazione anche in termini linguistici, con una oramai incontrovertibile supremazia della lingua Inglese, l’arte del doppiaggio è destinata a scomparire? «Assolutamente no. Come giustamente si è espresso, il doppiaggio è senza dubbio un’”arte” e come tale destinata a non scomparire. Il doppiaggio è una delle risposte artistiche all’avvento del cinema sonoro negli anni trenta. Nasce da una sorta di prototipo (il “dubbing”, appunto) inventato dal fisico austriaco Jacob Karol, che per primo, con un sistema un po’ artigianale sostituisce la colonna sonora del film relativa al parlato con un’altra dove i dialoghi tradotti sono recitati in una lingua diversa dall’originale. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. L’espressività e la duttilità della voce, l’affinata dizione e i particolari toni, le capacità recitative in grado di adeguarsi ai modelli gestuali e timbrici della voce originale, le doti interpretative in perfetta linea con i tempi e le modalità cinematografici caratterizzate da giuste inflessioni e da ritmi appropriati hanno reso i doppiatori italiani tra i più apprezzati al mondo, facendo diventare tale attività una vera e propria professione artistica. Non dimentichiamoci che già alla fine degli anni trenta alcuni produttori sostituiscono le voci di alcuni attori e attrici italiani, in quanto considerate non appropriate ovvero troppo ruvide o sgradevoli nei loro timbri e toni, con voci di doppiatori professionisti, ottenendo senza dubbio un sensibile miglioramento delle relative interpretazioni. Perfino in “Roma città aperta” di Roberto Rossellini (1945) si attua tale pratica: Carla Rovere e Marcello Pagliero sono doppiati da Rosetta Calavetta e Lauro Gazzolo, per non parlare di Ferruccio Amendola che doppia la voce di uno dei bambini. Lo stesso vale in maniera amplificata per il film “Poveri ma belli” di Dino Risi (1957), dove quasi tutti i protagonisti sono doppiati. Insomma il doppiaggio ha via via perso la sua connotazione originaria per l’accessibilità a film stranieri recitati in altre lingue, diventando un’attività artistica tel quel, capace di elevare l’output artistico, e quindi estetico, di film girati anche in italiano». Sulle problematiche della sostenibilità e della CSR Marco Eugenio Di Giandomenico ha scritto con successo il libro “Management Etico. Principi e Fondamenti” (II Edizione), edito dalla Giuffré Editore di Milano, adottato nei corsi universitari dell’Accademia di Belle Arti di Brera.
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May 2019
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Giuseppe Mandalari
La volontà di un risveglio culturale, mi ha portato a sposare il progetto di Arca Siracusa, nella veste di direttore artistico,di responsabile dell'immagine ed oggi anche di blogger nel tempo libero, per quel pò che me ne rimane. |